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Esercizi di democrazia. Un appello alla stampa.

di Roberto Arditi - SINA

Una lettera in risposta all’articolo pubblicato sul Corriere del 7 Marzo

 

Caro Severgnini,

ho visto l’articolo sul Corriere di oggi e concordo: sul rispetto per la persona di Fiorello e sull’uso improprio dell’anonimato in rete non si può transigere. Mi si conceda però una premessa ed un distinguo sul tema della sicurezza stradale.

Tutto è rischio nella vita e ciascuno di noi non può conoscere e approfondire tutti i rischi cui è soggetto. Non possiamo certo studiare le statistiche dei rischi alimentari, dei rischi ambientali, dei rischi sul lavoro, dei rischi domestici, dei rischi stradali e così via.

Io sono un tecnico che si occupa di strade ed i miei figli, ancora piccolissimi, entrando in auto, mai hanno mancato di mettere la cintura. Era una cosa naturale. Se fossi stato un farmacista, probabilmente gli avrei insegnato delle altre cose.

Nella nostra vita, noi siamo immersi nei rischi e cerchiamo di venirne fuori in qualche modo. Il meccanismo è semplice: l’uomo è un animale sociale, guarda che cosa fanno gli altri e si adegua. Faccio un esempio che poco c’entra con le strade. Tutti ricordiamo il caso della Mucca pazza, un rischio alimentare: pochi casi in Italia, pochissimi quelli critici, ed abbiamo messo in ginocchio la fiorentina, la bistecca con l’osso.

Ciò non di meno, molta gente ancora fumava e fuma ancora, quindi allora si ragionava in questo modo: non mangio la bistecca perché è un rischio rilevante per me (essendo anche in prima pagina sul Corriere), ma una sigaretta dopo cena … non me la tolgo di sicuro. E’ questo un comportamento razionale? Secondo il Ministero della Salute il tabacco provoca più decessi di alcol, aids, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme.

Non è razionale: questo è il gioco della percezione ed accettazione sociale del rischio. La nostra società, nel suo complesso, ragiona solo parzialmente sulla base delle previsioni e delle statistiche: i meccanismi con cui noi percepiamo i rischi sono sostanzialmente meccanismi culturali, di emulazione. Proprio per questo il sistema dell’informazione gioca un grande ruolo nel focalizzare i rischi da prevenire e quelli da accettare.

Banalizzando: io vedo un mio amico, magari vedo anche Severgnini, che va senza casco in motorino, lo rivedo domani: vuol dire che non è morto e che quindi capisco che si può fare e decido quindi di accettare il rischio come inevitabile parte della mia vita. Poco importa se i morti per incidenti stradali sono, da poco, scesi sotto le 4.000 unità all’anno e poco importa che il nostro comportamento e le nostre scelte quotidiane potrebbero fare la differenza. Viceversa posso rifiutare un altro rischio, magari meno rilevante, se mi viene segnalato con insistenza dai media.

 

La sicurezza stradale è democrazia

 

La sicurezza stradale è poi fatta di veri e propri esercizi di democrazia e di rispetto degli altri: sulla strada io devo seguire le regole perché è un diritto degli altri che io le segua. Ad un incrocio ha diritto di passo chi viene da destra, non chi ha il veicolo più grosso. Sublimando questo concetto, altro non si esprime se non l’uguaglianza che sta alla base della nostra convivenza democratica.

E qui viene nuovamente la responsabilità del sistema dell’informazione e le opportunità che avete voi giornalisti di contribuire al miglioramento della nostra società.

Rispetto per tutte le persone, ci mancherebbe! Ma la sicurezza stradale è un bene comune.  Proprio perché il meccanismo di accettazione dei rischi è un meccanismo culturale di percezione, noi dobbiamo far sentire la nostra riprovazione nei confronti di coloro che violano le regole.

E’ giusto esprimere solidarietà verso chi è ingiustamente o eccessivamente sbeffeggiato da chi sfrutta l’anonimato in rete, ma qui il distinguo: non possiamo lasciare il dubbio che sia un rischio accettabile l’essere investiti da qualcuno che per distrazione, per fretta o per colpa non ha seguito tutte le regole del caso sia questo a piedi o sia questo in motorino.

Questo è un rischio che la società non può accettare, se vogliamo andare verso una riduzione dei morti sulle strade. Voi giornalisti avete quindi la possibilità di farci sentire la riprovazione sociale per i comportamenti errati alla guida.

Faccio un esempio concreto: qualche giorno fa è morta una bambina di 4 anni sull’autostrada vicino a Varazze. Se ho ben capito, non avendo le cinture, la bambina è stata sparata fuori dalla macchina come nella vignetta di Autostradafacendo ed è stata poi travolta dalla stessa macchina del padre.

Prova a cercare questa notizia. Si riesce sui media a trovare in chiaro ed in evidenza i concetti del tipo “Bambina sparata fuori dalla macchina. E le cinture?” oppure “Bambina morta in autostrada. Perché i due sui sedili davanti, alla fine, non si sono fatti male? Avevano la cintura e lei no?” (qui sulla Stampa, qui su Savona news, qui sul Corriere). Purtroppo, questo tipo di tarlo, io non l’ho trovato. Ho trovato varie notizie di pubblico interesse: la chiusura dell’autostrada, le code, anche la nazionalità del padre … Tutte queste cose, non sono tuttavia una pressa culturale verso il miglioramento, sono solo mero un esercizio corrente dell’informazione.

Io viaggio molto e quindi, anche io, sono un po’ “italian”: ho un tuffo al cuore quando attraversando la strada nelle periferie del Mondo (ad esempio a Zurigo) vedo le macchine che inchiodano e si fermano di botto per lasciarmi passare sulle strisce, quando so che nella civilissima Milano mi sono trovato a dover aiutare un’anziana signora ad attraversare in viale Beatrice d’Este, perché tutti i guidatori (e dico tutti!) arrivavano in velocità sulle strisce, certi del fatto che la grande massa in movimento avrebbe, di per sé, consigliato al pedone di evitare l’attraversamento.

Un ultimo commento, noi italiani abbiamo molto migliorato i nostri comportamenti alla guida, prova ne sia che, a livello nazionale, dal 2001 al 2013 abbiamo dimezzato il numero di persone morte sulle nostre strade e, fuori delle città, cominciamo ad avere risultati “storici” come il fatto che per un intero anno, per tutto l’anno 2012, sull’autostrada Torino Milano e sull’Autostrada dei fiori non c’è stata neanche una vittima.

Perché non facciamo lo stesso nelle città? Siamo nel 2014 e penso di dire cose molto semplici, quando dico che non possiamo più permetterci di uccidere i nostri bambini per non sentire qualche rogna, oppure quando dico che non possiamo investire qualcuno sulle strisce o essere investiti perché andiamo di fretta. Non si può accettare di barattare il vantaggio di impercettibili frazioni del nostro tempo con il furto dell’altrui e della nostra sicurezza. La società sta migliorando e voi giornalisti potete aiutarci ad accelerare questo miglioramento. Sono d’accordo che dovete farci sentire il rispetto per le persone, dovete aiutarci a utilizzare in modo corretto i mezzi di comunicazione di massa, ma non dimentichiamo la riprovazione sociale per il comportamento errato.

Beppe,  dacci una mano!

 

Folgarida, 7 Marzo 2014

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