DJ Fabo: un nuovo caso che squarcia le coscienze
di Roberto ARDITI - SINA
La storia la conosciamo tutti, purtroppo. Fabo ormai cieco e paralizzato dal collo in giù, aveva chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di poter morire. Poi è andato in Svizzera in una clinica vicino a Zurigo per sottoporsi al suicidio assistito: una pratica che nel Paese transalpino è legale, anche per gli stranieri. Viene preparato un cocktail mortale ed offerto al paziente, che si addormenta: 30 minuti dopo. Il cuore smette di battere. Lui voleva morire non perché immobilizzato, ma perché, da immobilizzato, non trovava più alcun senso al suo vivere, perché gli era mancata la cosa più importante, ovvero la speranza.
Questo è un nuovo caso che ci divide tra coloro che vogliono difendere la vita ad ogni costo e quelli che, ad ogni costo, vogliono difendere il diritto all’autodeterminazione. E’ un problema assai difficile, un tema che deve essere gestito con rispetto e delicatezza. Qui si parla della vita e – temo – che certamente non io, ma credo che nessuno sappia dove sta il limite: che cosa è la vita?
Il concetto di vita in senso biologico, credo che sia piuttosto riduttivo se applicato alla vita umana. La vita umana è biologia, ma è anche speranza, è anche il godere di quei diritti umani che le nostre leggi si vantano di garantire. E’ ancora vita quando un corpo viene condannato – senza speranza – ad una vita privata del diritto al benessere, ai limiti dell’inumano? Penso che sia evidente che il diritto al benessere sia quel diritto che permette poi di godere di tutti gli altri diritti umani.
Che cosa è la vita? Dove sta il limite? A parte quelli in malafede, che prendono posizione per cassetta elettorale, credo che la risposta a questa domanda sia quella che ci divide.
Diceva Esopo che “è facile essere coraggiosi a distanza di sicurezza”, per questo – indipendentemente da quale che sia la nostra propensione – il rispetto e la delicatezza sono dovuti per casi come quello di Fabo o per casi come quello di Eluana Englaro, in cui un padre ha visto la propria figlia morire, tutti i giorni per 18 anni.
Però dal punto di vista della sicurezza stradale è eccezionale anche la testimonianza finale che ci porta quest’uomo così duramente provato alle soglie della maturità. Fabo, prima di morire ha detto: «Non prendetemi per scemo ma devo chiedervi un favore: mettete sempre le cinture. Non potete farmi un favore più grande».
Ecco la dinamica del suo incidente: di ritorno da una nottata a far ballare la gente in discoteca, il cellulare cade di mano, Fabo si china a raccoglierlo, lo schianto con un’altra vettura. Non ha le cinture e viene sbalzato fuori dall’abitacolo.
Distrazione alla guida e cinture. Anche se cieco e paralizzato, un uomo può ancora essere generoso. Ecco la sua testimonianza.
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